Il Palazzo Vescovile di Monteforte d’Alpone

Il primo Palazzo dei Vescovi è documentato nel 1231, non molti anni dopo il “contratto” del 1207, mediante il quale il Comune di Verona cedeva al vescovado la terra di Monteforte in cambio di Legnago, Tregnago, Roverchiara e altre località.

Il palazzo odierno, che con la sua mole severa domina la piazza, fu fatto costruire nella seconda metà del Quattrocento da Ermolao Barbaro, il vescovo veneziano ricordato sia per le doti di pastore della diocesi che per le iniziative in campo edilizio: effettuò infatti importanti lavori sia nel vescovado di Verona che nelle altre residenze vescovili.

Egli diede l’incarico di progettare la ricostruzione del palazzo di Monteforte all’ingegnere Michele da Caravaggio; questi, in collaborazione con il figlio Francesco, diresse i lavori dal 1457 fino almeno al 1467, anno in cui il Vescovo, in ricompensa delle loro prestazioni, concedeva in locazione perpetua ai due artefici un appezzamento di terreno situato a Monteforte.

L’edificio ideato da maestro Michele si sviluppa attorno al chiostro rettangolare, che impiega al piano terra 22 colonne di marmo rosso di Verona, mentre altrettante colonne sono utilizzate nella loggia superiore. Il palazzo doveva essere in origine merlato, con alti camini rotondi e finestre monofore al primo piano, come appare da un disegno conservato nella Biblioteca Civica di Verona.

Nei secoli successivi, l’edificio subì vari interventi che ne hanno trasformato notevolmente l’aspetto, in particolare all’esterno.

Le modifiche più rilevanti furono attuate, nella prima metà del Cinquecento, per volere del vescovo Gian Matteo Giberti. Egli, tra l’altro, fece rinnovare le finestre, su alcune delle quali è visibile il suo stemma, e costruire nella facciata posteriore il portale di gusto sanmicheliano.

Il palazzo ospitò per una notte, nel settembre 1581, l’imperatrice Maria d’Austria, in viaggio con il fratello Massimiliano dalla Boemia alla Spagna. Tra i nobili che l’accompagnavano c’era anche don Ferrante Gonzaga con la consorte, donna Marta Tana, e i figli Rodolfo, Isabella e Luigi, il futuro santo. Sembra tuttavia che quest’ultimo non abbia pernottato nel vescovado in quanto il seguito, per mancanza di stanze, dovette alloggiare a San Bonifacio.

In età napoleonica, il vescovo Giovanni Andrea Avogadro, per non sottostare ai Francesi, nel 1801 si rifugiò nel palazzo di Monteforte, dove rimase fino al 1805. Il suo successore, Innocenzo Liruti, provvide a far restaurare l’edificio, danneggiato dal passaggio delle truppe francesi e austriache.

Alla fine del secondo conflitto mondiale il vescovado fu occupato da famiglie di sfollati e senzatetto. La difficile situazione consigliò il vescovo, cardinale Giovanni Urbani, di vendere il palazzo all’Ente Comunale di Assistenza, per adibirlo a ricovero degli anziani. La cessione avvenne nel 1955 e poco dopo la casa di riposo entrò in funzione.

Nel 2002, completata la costruzione della nuova struttura nel terreno del “brolo”, mediante una permuta con la Fondazione “Don Mozzatti d’Aprili ” che gestisce la casa di riposo, il Palazzo Vescovile passò in proprietà al Comune di Monteforte. Oggi è centro di manifestazioni culturali, ma i suoi spazi, su richiesta e a seconda della disponibilità del momento, possono ospitare anche iniziative d’altro genere, come matrimoni, cene di gala, conferenze, riunioni, corsi.

Tratto dal sito del comune di Monteforte d’Alpone

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